Nel cuore della notte in una strada in mezzo all’Appennino, Lillo dice ”Sale” riferendosi alla strada che aumenta di pendenza e sottintendendo che dobbiamo procedere al passo. Sarà una costante per tutta la notte. La notte del Passatore.
In griglia a Firenze in via dei Calzaiuoli sono insieme a Lillo, Silvio, Paolo e Mauro, che conosco la mattina stessa. Sono in ottima compagnia, tra tutti hanno circa 300 maratone all’attivo. Quest’anno ho deciso di farlo senza assistenza quindi partenza in treno la mattina stessa, ritiro pettorale, pranzo e via in griglia. Ci cambiamo per le strade di Firenze circondati da altri podisti e da turisti che ci guardano sbigottiti. Su consiglio di Silvio, nonostante il caldo, rinuncio alla canotta per evitare lesioni alle spalle dovute allo zainetto. Già ci sarà da soffrire abbastanza, almeno evitiamo l’evitabile.
Pronti, alle 15 si parte. Si passa davanti al Duomo e per le strade che solo pochi mesi prima avevo percorso alla maratona. Fa già caldo, per fortuna ho con me una bottiglietta d’acqua comprata poco prima del via. Nella confusione della partenza perdo subito i miei compagni di avventura. Salto il primo ristoro, come avevo programmato, troppa confusione. Benedetta la bottiglietta, la terrò in mano e sarà mia compagna per 80 km. La strada inizia a salire in direzione Fiesole. In salita non si corre più ma si va al passo, come tutti accanto a me. A un certo punto un turista a lato strada chiede che gara è e quanto manca all’arrivo. “Mancano 96 km e andiamo a Faenza!” Non sembra avermi creduto… Oltre ai podisti ci sono anche i ciclisti che accompagnano. In particolare ce n’è uno con una fat-bike che praticamente mi accompagnerà per tutta la gara. Lungo la strada ci sono anche dei punti acqua clandestini, con le canne dell’acqua che escono dai giardini privati delle case. Lungo la salita di Fiesole mi ricongiungo con Silvio, ma nei tratti al passo è troppo veloce e lo lascio andare, faremo l’elastico fino a Borgo San Lorenzo. L’arrivo a Vetta le Croci sembra una tappa del Giro d’Italia: camper, gente che griglia, casino, tifo…
Finita la discesa di Vetta le Croci inizio ad accusare la prima crisi. Siamo circa al 30° km e non ci posso credere di essere già in difficoltà. Cerco di contrastarla ma questo drittone al sole, con le macchine incolonnate già mi aveva messo in crisi lo scorso anno. Questo pezzo proprio non mi piace! Passato in centro al paese c’è il primo checkpoint, mando un messaggio in chat per aggiornare gli amici a Novara – Grazie ragazzi, immensi! Svegli tutta la notte a seguirci…esauriti! – e mi ricongiungo con Mauro, anche lui in crisi. Le salite di Fiesole e Le Croci, pur camminandole hanno provato le mie gambe, abituate solo alla pianura. All’uscita del paese inizia la salita al passo della Colla. Sedici km i primi con pendenze dolci fino a Ronta, poi decisamente più severe. Sono in difficoltà, ho male ai piedi e ai polpacci, e per di più rimango solo. Mauro rimane più indietro, Silvio è davanti, Lillo e Paolo sono indietro. Non sarebbe male ricongiungersi con qualcuno. Una telefonata allo zio Stefanone Vada mi fa riprendere. Ti ho già ringraziato in privato ora lo faccio pubblicamente. Grazie Stefano! Ogni due ore esatte chiamava e ci tirava un po’ su! Esaurito pure lui! A Ronta mi fermo per un pit-stop fisiologico e quando ritorno sulla strada incrocio Lillo e Mauro. Mauro sembra essersi ripreso. La loro compagnia mi aiuta a superare la crisi, il male ai piedi c’è ancora ma provo a contrastarlo e a non pensarci. Lillo dice “Sale” riferendosi alla pendenza della strada. Segnale che si deve andare al passo. Passiamo alla distanza maratona, pausa e foto obbligatoria. Rimango sorpreso dalla tranquillità e dalla scarsa presenza di auto al seguito. Negli anni precedenti qui era peggio che in centro all’ora di punta. Sono contento di aver rinunciato all’assistenza.
All’arrivo in cima alla Colla ci cambiamo. Via la maglia e indosso la xbionic, i manicotti e prendo le luci. Devo aver messo inavvertitamente la canotta blu nello zaino che ora è a Faenza, quindi non posso usarla. Al ristoro seguo il consiglio di Lillo e bevo del brodo caldo. Fa freschino e in effetti qualcosa di caldo è piacevole. Nelle ore serali e di notte riesco anche a mangiare, fatto per me strano perché di solito riesco a ingerire pochissimo cibo, e questo era alla partenza uno dei miei più grandi dubbi. Probabilmente le temperature più basse mi hanno aiutato.
In discesa Mauro ne ha di più e si vede chiaramente. Io e Lillo andiamo regolari con il nostro passo ma ben presto Mauro ci distacca e rimaniamo soli. Cerchiamo di puntare al ristoro successivo in modo da spezzare la gara in tanti traguardi intermedi. Il passaggio a Marradi, quando la parlata dei volontari al ristoro abbandona la cadenza toscana per lasciare spazio a quella romagnola, sembra volermi suggerire che ormai Faenza è sempre più vicina e che mancano “solo” 35 km. Naturalmente so che quei 35 km saranno ancora molto lunghi… Ormai è notte fonda, in uno dei paesi attraversati, ci sono due ragazzini distesi su un terrapieno sotto una coperta che incitano e applaudono tutti. Grandissimi anche loro! Complice l’assenza della Luna il cielo stellato è di una bellezza magica, vorrei fermarmi e sdraiarmi per osservarlo meglio, ma abbandono subito l’idea. La fatica inizia a farsi sentire, la voglia di parlare non c’è più. “Sale” e allora via al passo.
La ripartenza è sempre più dolorosa, ai piedi sento chiaramente le vesciche che si stanno formando e mi maledico ad aver scelto delle calze che non avevo testato a sufficienza. Lillo lamenta dei dolori al tallone. Ognuno ha la sua croce. E’ il Passatore! E’ qui che si presenta e ti vuole vedere in faccia per sapere se sei alla sua altezza o no. Sappiamo entrambi che la gara vera non è ancora incominciata. Il Passatore inizia quando non ne puoi più di correre e non vedi l’ora di finire ma sai che come minimo saranno altre 4-5 ore di sofferenza. Sofferenza perché ti ritrovi in una realtà distorta in cui i kilometri sembrano dilatarsi sempre più e i cartelli a lato strada sembrano sempre più distanti. Sei condannato a correre per porre fine all’agonia e alla noia, ma se corri aumenta inesorabilmente il disagio, ormai sei fuori dalla tua comfort-zone, in un tragico circolo vizioso, e non puoi neanche distrarti guardando il paesaggio perché è buio e non si vede nulla, lo puoi solo immaginare. I km non passano mai e anche i ristori sembrano più distanziati. “Sale”, e allora si cammina.
L’arrivo a Brisighella è il segnale che comunque a Faenza ci arrivo. A Brisighella non ci si ritira! Sta albeggiando. E’ uno dei miei momenti preferiti di tutta la gara, sembra che anche il Sole voglia lasciarti il suo omaggio e darti il benvenuto a Faenza. Al passaggio in piazza inizio a rendermi conto che l’impresa è a portata di mano e incomincio a fare dei calcoli sul tempo finale. Obiettivo è abbassare quello dello scorso anno e correre il più possibile gli ultimi 12 km (obiettivo centrato con mezz’ora in meno rispetto l’anno scorso). Che poi il termine “correre” a posteriori è fin troppo ottimistico perché il passo medio era di circa 8:30/km… Stranamente io e Lillo sembriamo stare abbastanza bene. Le vesciche ai piedi ormai le sento chiaramente, alcune sono scoppiate, ma il mio corpo deve essersi abituato al dolore e ormai non gli do più importanza. Raggiungiamo Silvio e poco più tardi Mauro che cammineranno gli ultimi km. Io sto bene e di camminare proprio non se ne parla neanche. L’anno scorso questo pezzo è stata una sofferenza ma ora si corre. Ormai è giorno, si passa l’ultimo ristoro di Errano e mancano solo 5 km. Concordo con Lillo di fermarci il meno possibile per bere solo un sorso d’acqua perché siamo entrambi stufi e vogliamo finirla il prima possibile. Questi kilometri finali sono interminabili e il tempo sembra essersi dilatato ancora di più. Siamo davvero stanchi di correre. Passiamo la rotonda dove il Passatore ci attende ed entriamo a Faenza. Mancano 3 km, camminano tutti tranne noi, Lillo incoraggia e incita chiunque sorpassiamo. L’adrenalina è alta anche per lui, quest’anno sono 5 e deve andare a prendersi il meritato piatto. Bravo Lillone!
E poi c’è l’entrata in quella piazza che hai desiderato per mesi. Anche quest’anno l’emozione è arrivata e gli occhi sono diventati lucidi. E quando ti emozioni vuol dire che stai facendo la cosa giusta, e ti ritrovi soddisfatto a fissare il tuo nome sul megaschermo per attimi che vorresti interminabili.
Giulio