Sapevo che la maratona di Venezia non sarebbe stata come le altre. Da quando ho iniziato a correre ho sempre avuto ben in mente che prima o poi avrei corso una maratona, e prima di iscrivermi a Novara Che Corre avevo puntato proprio a questa. Poi mi sono tesserato e mi sono convinto a fare l'esordio a Roma qualche mese fa, ma correrla è stato come chiudere un cerchio. Inoltre arrivo da un periodo parecchio travagliato con un infortunio muscolare che ancora mi da delle noie e che mi ha fatto saltare tutto quello che avevo programmato per i mesi estivi. E poi, soprattutto, c'è un conto in sospeso con la maratona di Rimini finita male che chiede vendetta.
Questa volta mi faranno compagnia Anna e Marco. Qualche giorno prima della partenza scopriamo che ci sarà anche Simone. Bene, più siamo e più ci si diverte. Come sempre la vigilia passa veloce e in allegria. All'expo incontriamo Stefano Baldini, il dio di maratona ad Atene. Ci raggiunge anche Stefano e un suo amico (scusa ma non ricordo proprio il nome).
La partenza è sempre uno dei momenti più belli, 8000 persone che vengono da ogni dove raggruppate per un giorno semplicemente per correre. Persone diverse per reddito, professione credo politico ma che per un giorno sono tutti uguali con vestiti dai mille colori pronti alla loro sfida personale con la distanza.
Non ne ho corse molte, questa sarà solo la terza su strada, ma da quando ho finito la prima a Roma la maratona ha per me un fascino incredibile. Non sono solo i 42 km, ma è tutto quello che ci sta intorno, è l’origine mitologica, sono anche gli allenamenti che ci stanno dietro e i piccoli-grandi sacrifici fatti per poterla terminare. Da quando ho chiuso la prima, devo essere sincero, le altre gare le vedo con una prospettiva diversa. Naturalmente tutte rispettabili e dignitosissime ma per me la maratona rimane la gara più affascinante e più sfidante che possa esistere, sempre alla ricerca del limite tra spingere il più possibile e il non saltare per aria per aver spinto troppo.
La prima parte scorre veloce tra i paesi e le ville della Riviera del Brenta. La quantità di gente lungo le strade è commovente, senza dubbio questa maratona è semplicemente la più bella. Per loro è un onore avere la maratona tra le strade e non un fastidio e questo lo si capisce chiaramente. Nei centri abitati è l’apoteosi con le band in sottofondo e i bambini che danno il cinque. Fino alla mezza, in un posto di rara bruttezza a dire il vero, in mezzo ai container del porto di Marghera, viaggiamo con una proiezione di diversi minuti sotto le 4 ore ma so che sarà difficile reggere il ritmo.
Passo il 24° km, il punto in cui a Rimini si è spenta la luce “Fanculo stavolta vinco io”. Arrivati a Mestre, intorno al 26° km, perdo i miei compagni di avventura. Non ho accelerato ma al ristoro ci siamo disuniti. Cerco di guardare indietro per un paio di volte ma non li vedo. "Ok nessun problema vai col tuo passo e al massimo ti raggiungono loro".
All'ingresso del Parco San Giuliano iniziano i problemi. Mi ero studiato il percorso e sapevo che questo sarebbe stato il punto chiave. Se uscivo indenne da qua ce l'avrei fatta. Il ponte d’ingresso al parco, essendo sospeso con dei cavi d'acciaio, sotto i passi dei corridori continua a ondeggiare e ho avuto per un attimo dei problemi. Fortunatamente è passato tutto velocemente ma se questo è il punto chiave non iniziamo proprio bene. I continui saliscendi e le salitine all'interno del parco hanno iniziato a logorare le mie gambe. Affrontare queste salite comporta un cambiamento nella corsa che le mie gambe non hanno gradito per niente. Nel frattempo mi raggiungono Simone e Anna mentre Frank rimane leggermente più indietro. Al secondo cavalcavia di uscita dal parco e all'immissione sul Ponte della Libertà ecco che le gambe danno ancora dei segnali di allarme: "Ehi bello! Sono già 30 km che ti portiamo in giro, la vuoi smettere con queste fottute salite!". Capisco che i segnali sono inequivocabili e decido di rallentare. Simone cerca di non farmi mollare ma gli rispondo che sto gestendo e di andare avanti con Anna, che corre ancora bene. Non avrebbe senso forzare e preferisco andare col mio passo, prima che i prodromi si trasformino in crampi veri. Alterno dei momenti di camminata con la corsa. Ormai i sogni di gloria sotto le 4 sono svaniti ma c'è pur sempre da migliorare il personale.
A un certo punto intorno a metà ponte sento da dietro "Ehi Novara! Cazzo vi sto ripigliando tutti!". È Mauro, triatleta e ironman di Pavia e amico di Simone, con cui abbiamo fatto qualche km intorno alla mezza, e che avevo conosciuto a Rimini. Lo seguo per qualche centinaio di metri ma non c'è niente da fare quando sei in difficoltà sei sempre solo, può scendere anche Gesù a correre insieme a te, ma sarai sempre solo con te stesso. È la solitudine del maratoneta, che paradossalmente corre insieme a migliaia di altri atleti ma che in realtà è sempre solo. Ed è una situazione non allenabile, non si riesce a ricreare in allenamento ed è difficile anche da spiegare a chi non l'ha mai vissuta.
Verso la fine del ponte, intorno al 35° km, vedo una scena che nessun corridore vorrebbe mai vedere: un atleta sdraiato a terra a cui stanno facendo rianimazione cardiaca. Paradossalmente è il momento che mi fa svegliare dalla situazione in cui stavo entrando. "Cazzo io ho solo dei crampi, lui sta molto peggio di te quindi vedi di correre e finire la gara". A mente fredda naturalmente so che questo è un discorso egoistico e stupido ma in quella situazione, come già detto, la mente entra in una strana dimensione e fa degli strani ragionamenti. Per fortuna scoprirò dopo che l'atleta si è ripreso.
Gestisco questa fase fin dentro a Venezia, alternando camminata e corsa. Al 38° km penso che mancano solo 4 km, manca solo un giro di quelli che facevo nelle campagne di Sant'Agabio le prime volte che correvo e che mi sembrava un traguardo incredibile. Stringo i denti, le gambe sembrano stare meglio e inizio a correre con più decisione. Il peggio sembra passato, forse anche per la presenza degli spettatori dopo il deserto sul Ponte della Libertà. Sono sulla riva del canale della Giudecca, sento l'odore del mare e vedo le lastre della strada bagnate dall'alta marea. Che posto magnificamente assurdo per correre!
Ed ecco i famosi 14 ponti sui canali di Venezia. Tanto temuti prima ma che si riveleranno più semplici del previsto. Su alcuni cammino in salita e corro in discesa e su altri riesco addirittura a correre in salita. Arrivo a Punta della Dogana ed ecco il ponte di barche sul Canal Grande. In fondo vedo San Marco.
Appena arrivo sull'altra sponda un pubblico impressionante mi incita come fossi primo. Da questo momento in poi correrò fino all'arrivo. Le gambe stanno bene e supero addirittura diversi atleti. Passo tra i due leoni alati di San Marco. Il passaggio in questa piazza è il chilometro più incredibile è indimenticabile della mia carriera da podista. Ormai è finita. Esco dalla piazzetta e svolta a sinistra. Ancora pochi ponti e poi l'arrivo, ancora in spinta e ancora sorpassando diversi atleti. Incredibile per come ero messo qualche km indietro. Chiudo con 4:13 mio nuovo pb. Un tempo mediocre ma stavolta sono davvero felice, si vive di emozioni e non di tempi, e chiudere una maratona con un sorriso è sempre una vittoria.
E Rimini è comunque vendicata.
Giulio